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Intervista al compositore Paolo Cavallone! – The house of violin

Interview with Paolo Genzini

a cura di Paolo Genzini
14 novembre 2016 
Figura di rilievo della scena musicale contemporanea,Paolo Cavallone è un compositore attento alla ricerca, sia nell’aspetto fenomenologico del suono, sia sotto il profilo più strettamente compositivo. L’apertura estetica del suo lavoro,che qualcuno ha definito come “rivoluzionaria”, è il risultato di una profonda consapevolezza tecnica,mai disgiunta da un pensiero poetico.
GENZINI: In che modo si è avvicinato alla musica e alla composizione?
Cavallone: Non ricordo una età in cui non pensassi musica e alla musica; mio padre è un buon conoscitore dell’opera di Wagner e mi ha insegnato a riconoscere i leitmotiv della Tetralogia sin da bambino. Ricordo di cercare di riproporre al pianoforte le melodie che ascoltavo, peraltro non di musica necessariamente classica. Ho amato e amo il rock e il blues, che ho suonato per anni. Ricordo che durante il tragitto che percorrevo fra casa ed il campetto di calcio dove andavo a giocare, cercavo di inventare melodie e sognavo di diventare un compositore un giorno. Tale spinta, la curiositàferoce e una catena ininterrotta di eventi mi hanno poi portato a uno studio molto intenso, al perfezionamento con Azio Corghi in Accademia di S. Cecilia, a viaggi continui fra Europa e America, a collaborazioni, concerti e ad importanti incarichi accademici, commissioni e conferenze sul mio lavoro in Europa, America e Nuova Zelanda.
 
Genzini: Come si caratterizza il suo stile compositivo e quali sono stati i principali lavori che ha realizzato?
Cavallone: Il mio è un approccio poetico. Penso che tutto nasca dalla necessità, senza la quale trovo non abbia senso intraprendere l’attività artistica. Nella mia musica l’uso di archetipi storici è funzionale al tentativo di inquadrare da diverse angolazioni/prospettive un unico gesto musicale. Ne conseguono una serie di configurazioni apparentemente diverse se non contrastanti fra loro: attraverso, nel mio comporre, delle vere e proprie fasi di scrittura con uno stile che alcuni critici hanno definito come una “poetica dell’attraversamento”. I titoli dei miei brani, come Confronto, Confini, Porte, sono fortemente espressivi di questa poetica. In un certo senso cerco di assecondare le possibilità che la musica offre/chiede, con apertura, dunque senza escludere. Sono molto interessato all’esistenzialismo di Abbagnano, alla possibilità trascendentale di cui lui parla. La possibilità di inquadrare da un’altra prospettiva un pensiero dichiaratamente negativo come quello esistenzialista, e renderlo positivo, è stata per me uno stimolo intellettuale notevole. Penso che più che mai il concetto di possibilità e quello di necessità, oggi, musicalmente, possano coincidere. Fra i miei lavori più rappresentativi, oltre ai brani su citati, menzionerei il quartetto d’archi Mercutio,il concerto per flauto Hóros e Identificazione di un ritratto per big band.
 
Genzini: La musica barocca era sostanzialmente intrattenimento, la musica romantica era specchio dell’anima individualista borghese, ogni epoca ha trovato una corrispondenza identitaria nella musica: quale può essere il riferimento alla nostra società per la musica contemporanea in generale?
Cavallone: Siamo in un periodo di trasformazione, la società ci richiede di confrontarci con la sua molteplicità e richiede una apertura alle nuove possibilità ed ai nuovi colori che essa presenta. Gli stessi esiti artistici in un paese e in un altro acquistano nuovo significato. La globalizzazione ha generato nuovi elementi. Le avanguardie storiche avevano una collocazione ben precisa esteticamente ed eticamente; rappresentavano una “resistenza” allo sviluppo borghese, una continuazione della profondità del messaggio culturale ed allo stesso tempo una rottura con la tradizione. Oggi, dunque, la necessità ci guida verso altra direzione. Essere musicisti vuol dire confrontarsi con una molteplicità di mondi sonori in un nuovo riconfigurarsi dei confini abituali; essere aperti: all’improvvisazione; ai vari modi i fare musica; ai vari, cosiddetti, “generi”. Per rispondere alla sua domanda, la musica di oggi è una musica che si sta delineando con la nascita di una nuova epoca; è necessaria una sonorità che traduca tutto questo divenire.
 
Genzini: Il grande pubblico sembra preferire musica assai semplice oggi: secondo lei è segno di difficoltà di comunicazione o di complessità insite nella stessa musica contemporanea la difficoltà di ricezione di quest’ultima?
Cavallone: Bisogna considerare diversi fattori. Il primo è che il livello degli studi si è notevolmente abbassato, sia in Italia, sia all’estero (mi riferisco alla conoscenza dei classici e dei lavori d’arte). Dunque, la capacità di recepire la complessità, in generale, è minore. Inoltre, la velocità d’azione della contemporaneità non consente oggettivamente di potersi dedicare approfonditamente al divenire sociale e del quotidiano. C’è bisogno di risposte pronte, di Wikipedia, eludendo gli approfondimenti necessari. Secondo, c’è della musica contemporanea che, in passato, ha allontanato volutamente il pubblico, favorendo la nascita di “linguaggi” personali e la mancanza di conoscenza da parte del pubblico. Il linguaggio non si inventa ma si crea dal confronto con il reale. Inoltre, la musica contemporanea è spesso mal eseguita e non viene presentata e spiegata al pubblico come si dovrebbe. Tuttavia, non trovo vero che ci sia, in molti casi, ancora ostilità del pubblico. Quando i brani sono ben scritti e sinceri nel rapporto con il reale, il pubblico li apprezza. Ho spesso assistito a grande entusiasmo nelle sale da concerto. Purtroppo, è anche vero che ci sono ancora correnti (o mode), soprattutto in nord Europa, che propongono esclusivamente dei “rumori” organizzati, mi permetto di dire, fini a se stessi; un po’ un lavoro di “retroguardia”, a mio avviso, da cui ci si dovrebbe liberare presto.Trovo che fra una composizione del genere e una canzone commerciale non ci sia una grande differenza di sostanza. Sono entrambi lavori banali.
 
Genzini: Quale può essere la strada per recuperare il grande pubblico alle nuove musiche?
Cavallone: Il grande pubblico torna con la sincerità e con la ricerca della Verità nascosta dietro le cose (parafrasando Pascoli). E’ anche necessario non disdegnare la promozione e cercare il pubblico; ossia, avere intenzione di comunicargli la ricerca del proprio lavoro.
Genzini: Cosa pensa della tecnologia informatica nella musica e quanto “mano artigianale” vi è ancora nelle musiche composte con queste novità tecniche?
 
Cavallone: L’informatica è una delle possibilità a disposizione del compositore di oggi. Personalmente, benché sia un compositore “acustico”, talvolta collaboro con artisti visuali, ingegneri, fisici e assistenti informatici al fine di realizzare dei lavori che necessitano di “ulteriori” spazi sonori e visivi. Nel 2016 ho realizzato un film d’animazione d’arte, Magasin de métaphores, in collaborazione con l’artista visuale e pittore Cristiano Morandini, presentato in anteprima alla città di Orsay, in Francia.
Genzini: Gli strumenti tradizionali hanno forse esaurito le loro possibilità timbriche essendosi già espressi nella gamma delle loro stesse peculiarità?
Cavallone: Non penso sia così. Ci sono infinite possibilità di applicazione e di utilizzo dei suoni. C’è ancora molto da cercare e da comporre. C’è necessità di decontestualizzazione del materiale sonoro. Da un punto di vista di ricerca fisica del suono, addirittura penso esistano ulteriori parametri.
Genzini: La musica contemporanea sembra aver raggiunto punte estreme di individualismo e di sperimentalismo, nel senso che ogni compositore è un microcosmo a sé stante e ogni composizione ha riferimento solo a sé; quello che era una volta detto “stile” o corrente artistica manca del tutto, come sembra, oppure vi è una direzione per il futuro in qualche modo ravvisabile nel presente?
Cavallone: Come si accennava, la società contemporanea presenta una molteplicità di sovrastrutture e, conseguentemente, di sottoculture che hanno generato vari ambiti di configurazione sonora. Dunque, la creazione si è rapportata, in varia misura, a ciascuno di questi colori. Ci sono, poi, esempi di attraversamenti di stile, i cosiddetti crossover, con esiti più o meno riusciti, profondi e/o raffinati. Personalmente, come si diceva, sono molto interessato alla possibilità di inquadrare da diverse prospettive un unico “oggetto” musicale e interiore, al fine di restituirne possibili letture; e all’individuazione di radici comuni a gesti apparentemente contrastanti, ma in realtà complementari gli uni agli altri. Ci sono esiti, nelle improvvisazioni di Keith Jarrett, ad esempio, in cui– tramite quella che lui chiama “poli-modalità’” – si creano/raggiungono oggetti “neutri” suscettibili di diverse interpretazioni. Per dirla in altro modo, un semitono può rappresentare sia un ambito ampio, in una dimensione che Scelsi avrebbe definito sferica del suono, come pure l’elemento minimo del sistema temperato. Il tutto dipende da dove lo si inquadri. L’urgenza del presente, a mio avviso, è scoprire la lingua nuova, scritta dalla nuova realtà; i nuovi lidi nel processo di de-composizione e di ri-composizione del percepito. Ovviamente, tenendo sempre presente il passato, presupposto essenziale.
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